domenica, marzo 16, 2008

The yang affair

Innanzitutto vorrei rendervi partecipi - e qui mi rivolgo soprattutto ai miei condisciplinari sinologi o aspiranti/falliti tali - di una mia recentissima scoperta filologica. Ma avevate mai notato che lo 洋务 yángwù, "affari esteri", di 洋务运动 yángwù yùndòng (letteralmente "movimento degli affari esteri", la corrente riformista di fine '800 in Cina, Kang Youwei, Liang Qichao e quella combriccola di paragnosti lì) è perfettamente omofono di 阳物 yángwù, "pene"? Alla luce di questa scoperta io mi chiedo: quanti, cinesi e non, sentendo la suddetta espressione avranno pensato che volesse dire "movimento del cazzo"? Magari confortati nella loro opinione dal fatto che il suddetto movimento è prontamente andato a puttane!

Tale è il tenore delle mie personali elucubrazioni anche adesso che, come già ebbi ad annunciarvi, vivo una nuova esistenza di diligente studioso, che tuttavia - hélas! - so effimera: confido che basti una capatina alla macchinetta del caffè insieme ai fidi compagni veneziani della saletta consultazione per farmi tornare in me. Finché dura approfittiamone.

Comunque, tra un tomo del Gadamer, un libello del Benjamin e un volumetto dello Schleiermacher, mi sto riempiendo la testa di parolacce in tedesco che proverei un certo imbarazzo nel pronunciare. Che capocce pensanti 'sti crucchi: li ho sempre guardati con sospetto, ma mi secca ammettere che erano avanti. D'altra parte, mentre da noi pecore e capre brucavano ai Fori Traiani vituperando millenarie rovine con ricordini ovoidali (da cui il termine "ovino"), da loro l'universal caserma prussiana di alfieriana memoria funzionava già a pieno regime (altro termine scelto non a caso... cfr. il successivo exploit dell'imbianchino baffuto). Che ci vuoi fare... d'altronde, come diceva qualcuno che la sapeva lunga, sono ben pochi i popoli i cui cittadini possono dichiarare con orgoglio da dove provengono. Ma magari un giorno mi verrà davvero voglia di mettermi a imparare quella cazzo di lingua, non quel dialettaccio delle valli spacciato per la lingua di Goethe a cui fin dalla più tenera età sono stato esposto - peraltro con risultati a dir poco disastrosi - nel corso dei miei soggiorni bolzanini.

Conciosiacosacchè oggi, in quanto sabato nonché il dì che precede il giorno di Nostro Signore, amen, a malinculo ho deciso di staccarmi dalle sudate carte per godermi una giornata di sfrenata dissolutezza. Il mio sprofondare nel vortice del vizio è iniziato con una ponderosa spesa che mi dovrebbe bastare per la settimana in arrivo, seguita da massicce pulizie domestiche dalla A alla Z (cioè dal swiffer allo straccio). Pulizie che stavolta, lungi dal procurarmi un impareggiabile senso di appagamento, sono sfociate in un coitus interruptus: malgrado i miei sforzi, malgrado l'uso smodato e antiecologico di detergenti vari, la "casa" non profuma. Né di pino silvestre, né di menta piperita, rien de rien. Per carità, meglio una sana neutralità olfattiva che il temuto effetto "bacino di lagunaggio liquami", ma insomma... Ecco dunque che, come diceva il poeta, post coitum (maxime si interruptum!) omne animal triste.

Il molto rattristato animale ha deciso dunque di abbandonare per un pomeriggio al suo destino l'ingrata e inodore magione, tuffandosi a capofitto nella movida aixoise del samedi après-midi. Errore che, a Iddio piacendo, né più mai commetterà, e questo per le seguenti ragioni:

  • strade, viottoli, piazze, piazzette, viali, salite, rotonde, camminamenti, sottopassi, larghi e viuzze sono letteralmente invasi da una plebaglia composta di turisti e visitatori - e sospetto una buona percentuale di parigini in villeggiatura - con la panza prominente e l'aria ebete di chi si è appena concesso una choucroute al bistrot dell'angolo e a fatica trattiene un ruttino sconquassante, che vagano indolenti e senza meta intralciando il passo a tout le monde. Quindi non solo a Aix non c'è niente da fare, ma c'è persino chi si ingegna per impedirti di farlo;
  • l'altra componente di questa marea asseritamente umana è rappresentata da fanciulle in fiore che, complici una precoce primavera e i primi tepori, rispolverano il guardaroba da spiaggia - con puntate nel reparto S/M dell'armadio - provocando nel sottoscritto effetti molto simili a quelli superbamente descritti dal nostro monocigliuto cantante ne Il congresso delle parti molli. Le reazioni altrui sono quelle già indicate in uno scorso appuntamento: i caucasici sembrano non notare assolutamente nulla e perseverano nel loro sonnambulismo dei sensi, mentre i negroidi inchiodano con la macchina strillando come dei forsennati (d'altronde devono farsi sentire sopra l'autoradio a palla) e premendo sul clacson colti da spasmi ossessivo-compulsivi;
  • tanta gente uguale tanti cani, tanti cani uguale tanta, tanta, tanta merda. Il cane, ben diverso dal nobile felino, ama defecare platealmente e ovunque lo colga il primordiale stimolto ad alleggerirsi del suo organico fardello. Il padrone di cane francese, ben diverso da buona parte dei suoi omologhi italiani, non solo lo lascia fare, ma per di più è regolarmente sprovvisto di paletta e sacchetto, basilari strumenti che sappiamo atti a scrostare i miseri e digeriti resti di una razione di Royal Canin per poi riporli in un contenitore destinato al conferimento dei rifiuti. Se già in tempi normali lo scenario è disastroso - ricordiamo tutti la prestazione di altissimo livello nella disciplina del pestaggio dello sterco, regalataci nel 2001 proprio in una via del centro storico di Aix da un futuro capitano d'industria vinicola valdobbiadenese... - figuriamoci in periodi di elevata affluenza umana et canina. Ne consegue che oggi l'acciottolato è pressoché uniformemente ricoperto di un insidioso strato di stronzoli, intonsi o già calpestati, il cui spettro cromatico varia tra il beige paglierino e il fondente nero Novi. E volete sapere che canzoncina cantano gli stronzoli - notoriamente appassionati del black album dei Metallica - appena vedono appropinquarsi minacciosa la suola di una Timberland? Ma è chiaro, Don't tread on me.

Sconcertato, ma senza perdere il mio connaturato aplomb, ho fatto una deviazione onde procurami una lettura serale presso il bouquiniste di fiducia in Place d'Arménie, e infine trovandola in una misconosciuta opera del buon Boris Vian, Anno Domini 1950.

Dopodiché, tornato alla base, credo che pulirò le vestigia rimaste sul mio tetto-finestra dopo la festa (o teuf che dir si voglia) tenutasi ieri sera al secondo piano. I miei doppiamente soprastanti vicini (studentelli apparentemente ancora ignari del vuoto universo e dell'umana sofferenza, ma non per questo sprovvisti di prodotti a gradazione medio-alta e - a giudicare dallo strato di pingui mozziconi - di sostanze vegetali di origine non controllata) hanno ben pensato di scagliare dalla finestra, tra le altre saloperie, un'enorme zucca secca: zucca che, con ogni evidenza, dopo un volo di sette metri si è schiantata andando in mille pezzi una volta a contatto con il vetro triplo che protegge il mio cucinino dagli assalti esterni. Risultato, un vero merdaio. Da pulire posizionandosi sulla finestra delle scale, e da lì, grazie al lancio di ripetute bacinellate d'acqua mista a varecchina, permettere il defluire dei detriti verso la grondaia a valle del finestrone. Aspettando solo che si intasi. Almeno nessuno potrà incolpare il sotto-scritto, in quanto sotto-stante. E appena li incrocio mi sentono, quei piccoli figli di una gran salope.

Ed ecco, a beneficio dell'occasionale melomane, la recente coglionna sonora:

  • Interpol, Our Love to Admire
  • Blackstar Rising, Barbed Wire Soul
  • Lodger, How Vulgar
  • Elio e le Storie Tese, Studentessi
  • Far Corner, Endangered
  • Entombed, Serpent Saints - The Ten Amendments

3 commenti:

Marco ha detto...

I negroidi...
Qui a Parigi, nel 18°, sembra non possano esistere altri esercizi commerciali che negozi di cellulari e di tinte, extension, e tutto l'impossibile per i capelli. Antropologicamente, credo che i cellulari (senza dimenticare, ovvio, il vestiario, che non è rapper ma finto elegante-discinto) siano per i ghetto boys il modo per attrarre le ghetto girls, che si truccano come bagasce con capelli finti e tinte improbabili per stimolare l'appettito dei maschi del branco, inevitabile preludio alla copulazione e quindi alla conservazione della specie. Sono considerazioni alle quali mi abbandono felicemente ogni mattina mentre aspetto il metro e che non sarebbe d'uopo riferire ad una festosa e pseudoreligiomissionaria conferenza sull'uguaglianza delle razze...
E sui caucasici è proprio così, nessuno dei francesi DOCG si è mai mediterraneamente voltato a guardare le strepitose puellae che popolano questa città. Bah...
Un saluto!

Anonimo ha detto...

Caro Paolo, se questa amabile cittadina del retroterra foceano, infestata all'inizio secolo da italiani e successivamente meticciata da beurs si presenta cosi, ti risparmio ogni ritratto del "cuore" della Francia, dove ruralité e terroir e vaches sono al centro di ogni preoccupazione. Niente negroidi, ma solo abitanti di Groland qui a Limoges, dove mi trovo, per gallofilia o per coprofilia. Un saluto! Greta

Michele D'Angelo ha detto...

Eh, caro Paolo! Sapessi come ci manchi, qui alla macchinetta del caffé! E' dura saperti lì a schivar merde e a pulir zucche dai vetri! Per carità, anche noi qui a Venezia in fatto di merde non scherziamo, ma finché c'è la Fiesta si sorride, inebriati dal Curacao, e si tira avanti! Tieni duro, ma soprattutto tienlo duro e goditi quanto più possibile il tuo soggiorno francese! Qui i "membri" del Movimento del Cazzo ti salutano tutti, me, ovviamente, compreso! Chow!