venerdì, agosto 20, 2010

Visto per Shanghai 3 - Sinologi sull'orlo di una crisi di nervi

È innegabile, sto invecchiando. Dopo appena un mese a Shanghai, la mia comprensione per questo popolo incomprensibile sta pericolosamente raggiungendo il limite. Passi per i continui sonori raschiamenti di gola seguiti da scaracchio sul pavimento del ristorante nell'indifferenza generale; passi per gli spintoni e i pestoni delle vecchiette ansiose di accaparrarsi un posto a sedere in metropolitana, obiettivo da raggiungere a ogni costo, con inaudita violenza e tattiche da Superbowl; passi per le onnipresenti conversazioni, telefoniche e non, condotte a volumi difficilmente tollerabili da un orecchio sensibile al rumore disorganizzato quale il mio (piaga sociale che, a onor del vero, affligge anche i disgustosi popoli latini, italiani in primis); passi anche per tutte le abitudini che a me risultano più deprecabili, quali il ritenersi faro di civiltà e progresso nonostante nei ristoranti si servano tartarughe, lo spalare merda su qualunque professione non preveda l'arricchimento immediato e a qualsiasi prezzo di vite umane e/o animali e/o vegetali, l'odierna diffusa incomprensione verso qualsivoglia attività intellettuale, le cartacce buttate per terra perché tanto "qualcuno le raccoglierà", il fatto di chiedermi continuamente se sono qui per l'Expo e le facce deluse e piene di rimprovero allorché dichiaro che del loro Expo di merda non me ne può sbattere una tega di meno; e chi più ne ha più ne metta.

Va anche detto che questo mio sfogo, scevro da qualsivoglia residuo di benevolenza, nasce da alcuni episodi ben precisi e ravvicinati nel tempo, da cui emerge la totale assenza, da parte di alcuni autoctoni, di attitudine alle più basilari norme del vivere civile.

1) Alla fine di un torrido e appiccicaticcio weekend nella ridente cittadina lacustre di Hangzhou, mentre ci dirigevamo trafelati verso la stazione onde acchiappare per il rotto della cuffia il treno del ritorno, un pirla avanzava in motorino, naturalmente sul marciapiede (N.d.R. trattasi di pratica poco commendevole ma, ahimè, fin troppo corrente, aggravata dal fatto che i suddetti motocicli, a differenza di ogni altro mezzo e/o essere vivente cinese, procedono senza emettere il minimo rumore, rivelandosi pertanto oltremodo insidiosi per l'ignaro pedone) in direzione contraria, puntando dritto verso di me, mentre osservava con immotivato stupore la situazione della carreggiata - quella sì riservata ai mezzi a motore. Solo una volta arrivato a pochi centimetri dal sottoscritto (impossibilitato a spostarsi causa calca) il coglione torna a guardare avanti, scarta e prosegue come se niente fosse, inseguito dai miei sonori improperi e da una lezione di lingua cinese: se il marciapiede si chiama renxingdao, ovvero "strada su cui camminano le persone", e non *chexingdao, ovvero "strada su cui avanzano i mezzi a ruote", ci sarà pur un motivo.

2) Il giorno dopo, mentre conversavo amabilmente con la mia dolce metà sul marciapiede vicino a casa, discutendo sul luogo più adatto per sbrigare la pratica del pranzo, sento uno schizzo umido sulla gamba, lasciata scoperta da antiestetici ma comodissimi pantaloncini corti. Un rapido sguardo, e mi rendo conto che responsabile dello spruzzo acqueo è un resto di fetta d'anguria ancora ricco di polpa, schiantatosi a terra - e non, ma solo per un caso fortuito, sulla testa del sottoscritto - in seguito al lancio effettuato dal non meglio identificato abitante della casa al primo piano, la cui finestra - unica nella zona incriminata - è tuttora aperta. Se il lancio fosse o meno diretto a me, poco mi cale: resta l'ineluttabilità di un gesto che sta alla civiltà come Maradona al calcio pulito, visto che a quell'ora il marciapiede è gremito di gente - e, ovviamente, motorini. Dal momento che l'incivile si dimostra insensibile alle mie contumelie (che lo invitano a violare i materni genitali, come prevede uno degli insulti più offensivi, ma non per questo meno ricorrenti, della bella lingua cinese) e ai ripetuti richiami, decido di rendergli pan per focaccia: avvolto il resto della cucurbitacea in una foglia di platano onde evitare il contagio batterico, con un abile lancio faccio volare l'involto oltre la finestra della stamberga, restituendolo al mittente tra il divertimento e l'approvazione degli astanti.

3) Quello stesso pomeriggio, recatomi in banca a cambiare una modicissima (dato l'infausto tasso) quantità di moneta europea onde riceverne l'equivalente in valuta locale, attendevo paziente il mio turno, in mano il biglietto con il numero 97. Allorché il cliente con il 95 finisce di sbrigare le sue faccende, l'impiegata schiaccia maldestramente due volte il tastino, facendo apparire il numero 97 ma servendo, com'è naturale, il 96. Aspetto dunque che si liberi lo sportello accanto, che nel frattempo mostra ovviamente il numero 98, e spiego il perché dello sfalsamento numerico a un'altra impiegata, che capisce e inizia a servirmi. In quel momento, alle mie spalle comincio a sentire un brusio accompagnato da borbottii di protesta e richieste di spiegazioni, evidentemente rivolte a un altro impiegato, sul perché quel laowai abbia saltato la coda e nessuno gli abbia detto niente. Cerco di trattenermi dando fondo alle mie già prosciugate risorse in fatto di pazienza e sopportazione dell'imbecillità altrui, ma visto che il brusio non accenna a placarsi faccio un mezzo giro sulla mia poltroncina girevole, come nella migliore tradizione dei cattivi di 007, e spiego al questuante - poi rivelatosi una sgradevole vecchia con una capigliatura tinta che pare il tappetino del Subbuteo - che se la ragazza ha inavvertitamente schiacciato due volte il fatidico pulsantino io non ci posso fare niente, e che al mio posto la vecchia babbiona avrebbe fatto lo stesso senza porsi troppi scrupoli di coscienza. L'impiegato, che mi conosce, ghigna divertito. La vecchia, invece, è sconvolta dall'arroganza del diavolo straniero, che ha osato violare la regola non scritta secondo cui ai cinesi è concessa qualsiasi scorrettezza, mentre ciò che è dovuto e naturale non lo è più se l'interessato è un esemplare di etnotipo non sinico.

Fortunatamente la Cina non smette di offrirmi anche tante gradevoli eccezioni, che mi fanno pensare che, in fondo in fondo, a questo miliardo e quattrocentomila stronzi voglio ancora un gran bene - e non solo perché la loro fottuta e incomprensibile lingua del cazzo ora mi procura la pagnotta. A questo proposito, la menzione d'onore va a Monsieur Yin, il libraio di Duolun lu a Hongkou, dove sono capitato per caso nel corso di una delle mie scorribande. Scopo della mia spedizione era la visita al museo dedicato a Lu "Baffo" Xun e all'ultima magione da costui abitata prima di tirare anzitempo le cuoia. Visitati i due suddetti luoghi d'interesse storico, ho inopinatamente scoperto che nel giro di poche centinaia di metri era possibile visitare anche 1) il luogo in cui sorgeva, fino al 1947, la Neishan Shudian di Uchiyama Kanzō, best friend del Baffo, nonché personcina colta e raffinata ancorché nativo di uno stato-isolotto vassallo, 2) il luogo in cui nacque nel 1930, per iniziativa del solito Baffo e di una combriccola di altri sovversivi, la Lega degli Scrittori di Sinistra (N.d.R. Miracoli della perfetta e oliatissima macchina del revisionismo cinese: il mio povero Yu Dafu, che della suddetta Lega fu tra i fondatori a tutti gli effetti ma che in capo a un paio d'anni diede forfait, nauseato dalla piega propagandistica che aveva preso l'associazione, non è nominato da nessuna parte e nemmeno di striscio, né la sua foto figura nel pannello che raggruppa asseritamente i ritratti di tutti i membri) e, per l'appunto, 3) Duolun lu, che ho scoperto fregiarsi del titolo di "via di interesse storico e culturale", che in Cina significa "stradina cementata lungo i cui lati si assiepano negozietti di cianfrusaglie pseudo-etniche e di qualsiasi ammennicolo atto a catturare l'attenzione - e soprattutto i renminbi - dello sprovveduto straniero di passaggio". La definizione corrispondeva perfettamente alla realtà - con l'aggiunta di statue bronzee raffiguranti le varie personalità del mondo letterario che avevano eletto la zona a residenza -, sennonché il mio sguardo è stato prontamente catturato da una minuscola libreria (termine quantomeno lusinghiero, dal momento che si trattava di uno stanzino di poco più di 2 metri quadrati) zeppa del vecchiume letterario che ostinatamente ritengo l'unico tuttora degno di essere letto. E così, oltre a portarmi a casa per pochi spiccioli stupende edizioni di classici più o meno rari della letteratura degli anni '20 e '30, ho avuto modo di fare una lunga e piacevole chiacchierata con l'anziano proprietario, che si è rivelato fine conoscitore non solo della letteratura con gli occhi a mandorla, ma anche di quella col nasone (N.d.R. E qui preciso che tale definizione rinoplastica non indica la letteratura ebraica, come si potrebbe essere portati a pensare, bensì tutto ciò che appartiene all'Occidente, identificato dai cinesi, per l'appunto, con esemplari dalle protuberanze nasali piuttosto importanti). La settimana prossima devo tornare da lui, sperando che sia riuscito a procurarmi un testo del '29 che cerco, tanto disperatamente quanto invano, da anni.

Non è nel mio stile, e il solo pensiero mi fa accapponare la pelle, ma voglio chiudere la puntata odierna su questa nota flebilmente ottimistica. Per fortuna non tutti, qui a Shanghai, vivono accecati dal mito dei pupazzetti dell'Expo, dei dindini facili e dello sputtanarsi una paga da fame nei locali frequentati da bianchi dal portafogli mallopposo. A questi miei coetanei dell'Impero di Mezzo va l'ammonimento mio: recatevi, orsù! A inoltrarvelo ove mai rifulge il carro di Febo.

Playlist:
  • Chthonic - Mirror of Retribution
  • Goblin - Profondo Rosso
  • Down - Over the Under
  • The Wombats - Demos
  • Il Rovescio Della Medaglia - Contamination
  • Iron Maiden - Fear of the Dark