sabato, marzo 29, 2008

Il braccio arrapante - ma analfabeta - della legge

La giornata di oggi è stata un microcosmo di pulsioni opposte, di lotta tra il bene e il male, tra bromuro e testosterone, tra globuli bianchi e globuli rossi, tra vitamine e lipidi, tra bohème e giacca e cravatta, una di quelle giornate che profonde piaghe lasciano nel corpo e nell'ispirito delle giovani e sensibili generazioni. Mi accingo ancora una volta a darne un succinto - ciuccia cosa? - resoconto, pur nella piena coscienza che, parafrasando Lu Xun (lui parlava di letteratura e propaganda), "se tutta la letteratura è autobiografia, è pur vero che non tutta l'autobiografia è letteratura".

La tarda mattinata ha visto il sottoscritto protagonista di una lezione sul caro vecchio Yu Dafu - per gli amici più intimi "Tofu", agli altri ricordo che si tratta dello scrittore pervertito su cui poggerà tutta la mia tesi di dottorato - agli studenti del terzo anno del mio direttore di ricerca francese (alias, con acronimo dei tempi della Trabant, DDR), il mai abbastanza osannato Monsieur Dutrait. Per quel che si può fare con due giorni di preavviso credo di essermela cavata egregiamente, titillando quelle giovani menti con il vecchio metodo del bastone e della carota, che chi mi ha visto all'opera ben conosce: un momento di somma erudizione qui, una solenne cagata là. Alla fine sembra che tutti, DDR compreso, abbiano apprezzato - ma spero soprattutto la cinesina del secondo banco.

A seguire, pranzo/appuntamento al buio (e in mensa) con una sconosciuta collega di dottorato gialla che si occupa della ricezione di Proust in Cina... Già il solo argomento sarebbe dovuto bastare a uccidere gli ultimi residui di testosterone che ancora si barricassero nei dotti più sperduti delle mie parti più intime. La collega sconosciuta, che forse sarebbe dovuta rimanere tale - come le tribù di Israele in Anything Else di Woody Allen - si rivela la classica studentessa della PRC all'estero: bruttina, precisina, che appena dici una stronzata per ridere sogghigna ma ti riporta subito alle faccende serie, insomma un investimento perso in partenza. Unica deviazione dal prototipo, la ragazza presenta una poitrine degna di nota. Il colpo di grazia arriva tuttavia quando, a un mio accenno al fatto che i racconti di Yu Dafu piacciono perché sono un po' pruriginosi, la cinesina dice candida: "Ah, anche a mio marito piacciono tanto per quello!" Sposata quindi, e con un itterico frustrato per giunta.

Per fortuna che, tornando a casa dopo il cosiddetto pranzo di lavoro, incrocio quella cornucopia di prorompente femminilità orientale che è la lettrice di cinese della Mongolia Interna, un corpicino sinuoso ed elastico tutto di pelle nera fasciato, con degli occhialoni da sole da spirito volpe scatenato e munito di frustino. Non faccio in tempo a fare due passi, in preda alle deliranti visioni erotocentriche ispirate da tanta altaica procacità, che mi ritrovo faccia a faccia con l'eccellente granny vietnamita che, all'inizio del mio soggiorno, aveva cercato di rifilarmi la camera in casa della suocera. L'Oriente mi perseguita, sotto forma di demoni in spoglie femminee, ammiccanti occhietti amandini e delicate epidermidi dal tocco di seta, meglio se avvolte in altre epidermidi nere e attillate... Taiwan, o Taiwan, quest'estate riuscirò a farti mia?

Alla fine riesco a guadagnare la porta di casa, dove entro in una fase di decompressione nel faticoso tentativo di ricondurre a migliori consigli una folla di ormoni nel pieno della loro seconda adolescenza. Decido infine di dedicare il pomeriggio, il primo veramente libero da parecchi giorni a questa parte, a sbrigare una faccenducola che mi sta a cuore e che ancora non ho affrontato come si deve: denunciare quel figlio di una zoccola delle fogne di Lagos che mi ha alleggerito di 400 cucuzze garantendo un appartamento, per poi tirarmi un sonoro pacco al momento opportuno.

Tra commissariato di polizia e caserma dei carabinieri, entrambi ugualmente distantissimi dalla mia magione, scelgo il primo perché, se proprio bisogna fare le cose, le si faccia bene. Entro, spio con malcelato ribrezzo la popolazione della sala d'aspetto - un branco di teppisti che ostentano faccine angeliche: ieri a fottere autoradio e a scippare vecchiette, oggi a fare le vittime di pregiudizio razziale perché qualcuno li ha apostrofati con un sonoro "nique ta race" -, espongo alla vispa poliziotta del banco accoglienza il problema che mi angustia, vengo cortesemente invitato ad accomodarmi, sfoglio una rivista di gossip, poi una di skateboard (che ci fa al commissariato di polizia? Ma è come mettere la pubblicità del Kinder Délice dal dentista), aspetto di essere chiamato.

Due ore e quaranta minuti di orologio dopo odo storpiare il mio già cacofonico nome dalla fanciulla dell'accoglienza e vengo indirizzato verso l'ufficio n°60. Quale il mio stupore nell'essere accolto dall'agente Corinne, biondissima, fulgida poliziotta il cui cognome tradisce ascendenze teutoniche, una valchiria in divisa e 9mm, gardienne de la paix statuaria e - mirabile visu - sorridente! Rinnego hic et nunc i miei trascorsi e il mio presente di libertario, giuro che mai più dirò una parola storta sulle forze dell'ordine, e forse neanche sui vigili e sui soldatini, e se l'agente Corinne sarà al mio fianco mi dichiaro pronto fin da subito a imbracciare casco, scudo di plexiglas e manganello Tonfa fuori norma, per ripulire a castagnate il mondo dalla feccia dell'umanità in tutte le sue forme e colori!

Fortunatamente il mio delirio di sbirrofilia è tosto riassorbito: espongo i fatti, rammostro materiali, fornisco dettagli utili all'inchiesta. Dopo una travagliata stesura del verbale, con un leggiadro tocco del suo vellutato ditino indice Corinne manda il tutto in stampa e me lo sottopone per la firma. E io firmo, sì, ma non posso fare a meno di notare, per quanto di sfuggita, che è pieno di errori, un vero cimitero della grammatica e delle più basilari règles de l'ortographe. Verbi sbagliati, consecutio temporum andata in vacca, S che mancano a nomi e aggettivi... Con una porcata del genere alla SSLMIT ci si poteva aspettare di essere cacciati a calci in culo. Se alla polizia le cose vanno così, chissà dai carabinieri. E poi Corinne, sarai pure la poliziotta più gnocca che abbia mai visto nel mondo reale - intendo non in un film di Joe D'Amato - ma come puoi pensare che un messaggio di posta elettronica si scriva "i-mei" o "Imei"?!

E così il mio grande amore per Corinne, tutrice dell'ordine dagli occhi di giada, nato attorno a una scrivania macchiata di inchiostro, si è sciolto come un Calippo al sole. Sulla strada del ritorno, per consolarmi, ho fatto una deviazione dalle parti del libanese per ingozzarmi di felafel e patatine unte prima di fare nuovamente vela verso casa. E mentre mi avventuro sul Cours Mirabeau, ecco avverarsi la funesta profezia che feci qualche tempo fa. In mezzo al frastuono delle autoradio e al vociare caotico di bambine in tenuta da passeggiatrici e rincoglioniti semoventi si ode un inconfondibile pim-pam-pum... è lui, il suonatore di bonghi, il primo della stagione, un fricchettone, forse drogato, nemico giurato del ritmo e del tempo, che sbatacchia ditacce unte su un bidone lercio mentre un altro tossico armato di bottiglia di birra, in piedi di fronte a lui, ondeggia ebbro allo sbilenco rimbombare della pelle. E' il segnale: non resta che attendere i Cavalieri dell'Apocalisse.

Che coloro che hanno intelletto calcolino il numero della bestia, poiché esso è un numero umano: il suo numero è seicentosessantasei.

Playlist:

  • Bongzilla, Methods for Attaining Extreme Altitudes EP
  • Bugo, Sentimento Westernato
  • Neurosis, Souls at Zero
  • The Rakes, Ten New Messages

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